TILT 27-9-1995
Accidenti, accidenti, e poi ancora accidentaccio alla timidezza!!!
Ieri sera ho rappresentato mia madre a una riunione condominiale. Si doveva eleggere un nuovo amministratore e discutere su altre questioni varie. C’erano tante persone istruite e competenti ma io dovevo fare i conti soprattutto con la mia innaturale incontrollabile perfida odiosa timidezza.
Se riesco a non sprofondare prima di riuscire ad aprire la bocca, ecco, una volta che il dado è tratto proseguo imperterrita la partita.
Il segretario della riunione mi chiese se avevo da proporre un candidato di mia conoscenza. Mi avevano interpellato… dovevo rispondere… ecco… ho tratto un profondo respiro e… un caldo infernale è partito dallo stomaco salendo a velocità crescente fino alla gola stringendola in una morse infuocata, e poi su, a “invadere” il viso. E io, pienamente conscia del colore orrendamente rosso-violaceo che senz’altro stava stampigliandosi sulla mia faccia… ho fatto “tilt”. Il mio cervello s’è fuso e ha smesso di funzionare: non ricordavo più il nome della persona che stavo per proporre. E se la bocca (aperta per espellere l’aria del profondo respiro su descritto) non si fosse chiusa da sola e non avesse poi continuato per forza d’inerzia, non so proprio come sarei andata a finire.
Non so quale sia il santo patrono dei timidi, ma forse è meglio così, non ho ancora deciso se rimproverarlo per avermi lasciata precipitare in quell’abisso di vuoto mentale o se (nel caso non fosse colpa sua) ringraziarlo per avermi dato in quel fatidico momento, uno spintone destando la mente dal suo inopportuno momentaneo torpore, così, fintanto che la bocca sciorinava una sequela di frasi fatte sulla capacità, la competenza e la fiducia dell’amministratore da me proposto, mi sono ricordata che stavo parlando di un amico che conosco benissimo da più di una dozzina di anni, e che, con le rispettive famiglie, ci frequentiamo spesso. Per il suo indirizzo ho impiegato un po’ di più tempo, ma visto che abita a qualche isolato da casa mia e che dalle nostre parti tutte le vie hanno nomi di monti, con finta noncuranza ho detto: “Abita qualche montagna più in là”, e al sorriso del mio diretto interlocutore il fuoco che mi “agghiacciava” ha finalmente cominciato a dileguarsi; il cuore, momentaneamente sceso in sciopero, ha ripreso a battere e ho cominciato a parlare con la mia chiacchiera di sempre.
E’ stata però un’esperienza che ancora adesso, a ripensarci, mi lascia sconvolta e incredula; “Non posso essermi comportata in quel modo sciocco”, continuo a ripetermi, ma sono convinta, che se in quel momento fatidico avessero chiesto il mio di nome, non avrei rammentato nemmeno quello.
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