CRONACA DI UN GIORNO DI INIZIO PRIMAVERA 1992-04-02
ORE 6.45 Suona la sveglia. Ancora a occhi chiusi mi siedo sul bordo del letto mentre i piedi cercano da soli gli zoccoli. Ci sbatto contro un ditone e con un gridolino di dolore mi sveglio di colpo. Apro le persiane per far entrare un po’ di luce e trovare finalmente la vestaglia e… meraviglia! il cielo è azzurro e il sole mattiniero mi entra negli occhi e nel cuore.
E` finalmente primavera! e assieme alle mie adorate piantine sboccia improvvisa, dirompente, irrefrenabile, la “mia voglia di fare”.
ORE 8.00 Colazione già fatta e dimenticata; camere sottosopra per una più totale, profonda pulizia; finestre spalancate al nuovo tepore e radio a volume un po’ più alto del solito per dare un giusto ritmo alla ridestata energia.
Ma dove sono stata nei mesi passati? Sì, devo ammetterlo, appartengo a una di quelle specie di animali che cadono nel letargo invernale.
ORE 10.30 Mentre passo lo straccio sui mobili penso a una composizione di delicati fiori da dipingere in un nuovo acquerello. Quando “imbocco” la lavatrice per il bucato giornaliero, penso ai grossi maglioni di lana da lavare a mano e poi riporre fino al prossimo inverno, e cerco di decidere quale sia il detersivo più “ammorbidoso” e “profumoso” oggi in commercio.
Nel contempo trovo un’idea proprio carina per un raccontino che potrebbe risultare meno banale dei soliti. Proprio adesso che ho mille cose da fare! Cerco di ricordare bene almeno il soggetto e rimando il tutto magari a una eventuale prossima sera piovosa.
Quello che riesco a fare in certe mattine è impressionante rispetto a quello che “non faccio” in certe altre.
ORE 12.00 Siedo esausta su una sedia: ho fatto solo una piccola parte di ciò che avevo in mente e mi ritrovo con la casa più a soqquadro che mai.
E` ora di pensare al pranzo. Fra meno di due ore rientreranno i miei “passerotti” affamati come sempre. Per fortuna posso arrangiarmi con quello che ho in casa e rimandare la spesa al pomeriggio.
ORE 13.30 Sono stanca e alquanto sconsolata: la primavera è solo sul calendario e nei miei desideri. Rabbrividisco per l’aria fredda che entra dalle finestre ancora aperte, e nel chiuderle guardo desolata le basse nuvole grigie e giallognole che hanno coperto il “mio” sole. Un vento fastidioso e antipatico le sta spingendo proprio sopra di me.
ORE 15.00 Pranzo finito; piatti lavati. Tazzina di caffè ancora nella mia mano per riscaldare le dita quasi gelide (ho dimenticato di riaccendere il riscaldamento che in un raptus di follia stamane ho spento). Cerco di digerire i giusti rimbrotti da parte del resto della famiglia e aggiungo altri due cucchiaini di zucchero al caffè già dolce, rendendolo una bevanda mielata e semifredda.
ORE 15.10 Seduta al tavolino cerco di ricordare cosa ho mai pensato di scrivere stamane. E mentre il cervello si rifiuta categoricamente di collaborare, gli scrosci di pioggia coprono la voce della radio tenuta in sordina.
ORE 16.00 Mentre scrivo un’ennesima sciocchezza penso che domani farò senz’altro meglio a tenere gli occhi chiusi più a lungo. A costo di arrivare in cucina a tentoni e scalza. Giuro a me stessa di non credere alla primavera almeno fino ad estate inoltrata e non ripetere lo sventato comportamento di oggi.
Ma la prima a non crederci sono io.
Rosicchio qualche caramella per sopperire al caffè gettato via e mi decido ad andare a far la spesa.
Però, se domani ci sarà anche solo un pallidissimo sprazzo di luce giallina, sono sicura, ricomincerò tutto daccapo!
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