IX Premio letterario Internazionale “San Marco” Fi 2002 / Secondo Premio
LO SCIALLE DI NONNA AMELIA
Un’anziana cugina mi ha inviato una vecchia foto: dalla carta ingiallita quattro giovani donne mi guardano…
Le chiamavano “le quattro comari”, Amelia, Pina, Gilda e Maria erano grandi amiche, e Amelia era mia nonna.
“Comare”, in dialetto veneziano, era un termine che indicava non solo la donna pettegola e ciarliera che si fermava a chiacchierare con tutti e su tutto, ma anche colei che ti faceva da testimone quando ti sposavi e poi da madrina ai tuoi figli. Era l’amica più cara, l’amica intima.
Le chiamavano infatti così perché erano sempre assieme, si aspettavano per andare a fare la spesa, passeggiavano lungo la riva dei rii, chiacchieravano in campiello. Si aiutavano una con l’altra e assieme aiutavano chi aveva bisogno di loro.
Mi hanno raccontato che quando passavano la gente si girava a guardarle perché, per coincidenza del destino, erano tutte quattro alte, belle, e con un bel portamento avvolte nei grandi tipici scialli che a quel tempo si usavano a Venezia.
Le accomunava però non solo l’aspetto, ma anche una grande affinità di carattere. Coetanee (nate attorno al 1880) si erano ritrovate, giovanissime spose, in case vicine, affacciate sullo stesso campiello. Avevano visto assieme gli austriaci a Venezia, l’inizio del nuovo secolo con le sue terribili guerre, la nascita e la crescita dei loro figli. E hanno continuato a ritrovarsi spesso, anche quando si sono trasferite in abitazioni più lontane.
Le ho conosciute tutte; nonostante l’età avanzata avevano ancora quel portamento e quella bellezza di lineamenti che lasciava intuire come fossero in gioventù. Le ascoltavo parlare tra loro degli anni vissuti intorno al vecchio campiello, ricordare aneddoti e particolari e io, bambina, le immaginavo passeggiare sulla fondamenta piena di sole, chiacchierare vicino al ponte, chiamare i figli dalla finestra.
Ricostruivo nella mia mente quel mondo aiutata dalla nonna che, con dovizia di particolari, mi illustrava la grande casa dove era vissuta per tanti anni, le finestre sul rio, il focolare nell’enorme cucina, il tavolo intorno al quale i bambini si rincorrevano chiassosi e si sedevano per riempirsi le manine e la bocca di castagnaccio o zucchero d’orzo.
Ma soprattutto mi affascinavano quei grandi scialli, il calore che davano, la loro semplice elegante bellezza. A uno di loro è legato uno dei tanti racconti che mi sono rimasti particolarmente impressi:
La nonna, come le sue amiche, andava spesso alla “Pietà”, dove erano accolti gli orfanelli, o all’adiacente ospizio dei vecchi, per portare vestiti, dolci, sigarette o quello che potevano per aiutare quella povera gente. Era la vigilia di uno dei tristi Natale della Prima Guerra mondiale; il buio quella sera era calato ancora prima del solito poiché il tempo era bruttissimo, c’era vento, nevicava fitto, e naturalmente faceva molto freddo. Ma niente poteva far desistere la ferrea volontà della nonna. Avvolta nel grande scialle nero, una grossa sciarpa in testa, puntualmente si era recata a bussare al portone della “Pietà”.
Venne ad aprire una giovane suorina che non riconoscendola, così coperta, e scambiandola per una di quei poveri che là appresso venivano assistiti, disse con aria gentile: “Mia cara, per la carità devi bussare all’altra porta”. E visto che proprio “la carità” era il motivo per cui la nonna era là, un po’ stupita fece per avviarsi al posto indicato. In quel momento si affacciò incuriosita una suora più anziana che riconosciutala la pregò di tornare indietro. Costernate dalla temerarietà nello sfidare quel tempaccio e soprattutto dalla sua bontà, le due suore sprofondarono in mille scuse per l’involontario quanto plausibile errore commesso.
Ma non ci furono parole che valsero quanto i sorrisi di quei bambini quando si aprì, come due grandi ali nere, le falde dello scialle che aveva protetto dalla neve dolci, frutta e piccoli giocattoli per tutti.
“Al ritorno” mi disse la nonna “mi pareva fosse molto meno freddo”.
Dal tempo di quel racconto desidero farmi uno di quei scialli, ma credo che oggi non potrebbe dare lo stesso calore di allora. In questo mondo di pellicce e maglioni alla moda forse sarebbe solo un patetico grande triangolo di lana nera.
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