SEMEDIMELA 1992-05-02
INTRODUZIONE
Tutto ciò che riguarda il mondo magico è per noi incomprensibile, o quantomeno molto strano. Il tempo in quel mondo, scorre in maniera diversa dal nostro a volte veloce, a volte lentissimo. La luce non segue il ritmo per noi normale dell’alternanza “notte-giorno” “luce-ombra” ma, conforme a regole totalmente proprie, si addensa, si dissolve, c’è dove dovrebbe non esserci, e viceversa.
Noi comprendiamo gli esseri che ci vivono solo se lo vogliono.
Il loro linguaggio infatti, specie quello scritto, è per noi intraducibile; ed è anche per questo che ogni cosa di quel mondo è sempre stata e sempre rimarrà assolutamente segreta.
Solo le volte che qualcuno, per un suo capriccio speciale, racconta a qualcun altro, che riporta il tutto a un altro ancora… allora veniamo a sapere quelle storie, quelle avventure, che noi definiamo “fantastiche”, o talvolta chiamiamo “favole”.
Oggigiorno si adopera sempre più spesso anche il termine “fantascienza”; ma non sempre esso viene usato correttamente poiché, nella nostra sublime ignoranza in materia, lo attribuiamo anche a cose reali che veramente accadono, ma magari in un altro pianeta, su un’altra dimensione, o su un diverso piano temporale, e che noi, non potendolo inserire nella nostra realtà, lo accomuniamo a ciò che succede nel mondo magico o, “addirittura”, in quello della fantasia.
LA FATINA
E ora non ditemi che le fate non esistono! Ci sono, eccome! è solo che noi non le possiamo vedere. Semedimela è una fata! di quelle piccole! E non venite a contraddirmi adducendo allo sciocco pretesto che questo non è il nome di una fata. Lei lo è! e se si chiama così c’è una spiegazione ben precisa:
Tutti naturalmente sanno che il “come” e il “perché” nascono le fate a nessun essere umano è dato di conoscere… Io ho sentito solo che nel mondo magico attendevano l’arrivo di un nuovo esserino fatato per il periodo in cui i meli sono in fiore.
Ora, tutti capiscono che lì, essendo il tempo una cosa assolutamente relativa ma suscettibile degli umori e delle esigenze di ogni essere, nessuno si stupì che la piccolina non arrivasse nel momento previsto.
I meli cambiarono i fiori in teneri germogli verdi; questi si ingrossarono e i frutti giunsero alla maturazione, prima che quella discolaccia si decidesse a nascere.
Ancor prima del dolce evento infatti, ogni abitante del mondo magico aveva intuito il caratterino vivace e ribelle della nuova nata.
Colui che era predisposto al censimento delle fate, per poter notificare in modo esatto il momento del suo arrivo, si era pazientemente messo ad attenderla sotto l’albero più alto dai fiori più profumati nel campo più verde come era stato convenuto, e passava il tempo continuando ad ingozzarsi della frutta di cui era ghiottissimo.
Quando quella birichina arrivò, egli stava appunto rosicchiando avidamente una mela. Era ormai talmente rilassato nell’attesa che, quando lo scoppio improvviso di un briciolo di sole gli annunciò la nascita della fatina, un seme gli andò per storto in gola facendolo diventare paonazzo (e molto arrabbiato).
E quello fu il primo scherzo da parte di quella piccola monella.
Un po’ perché preso alla sprovvista per quell’arrivo in modo così imbarazzante, un po’ per punizione, egli non trovò di meglio che mettere alla piccina un nome che gli avrebbe sempre ricordato che per poco non lo faceva soffocare: SEMEDIMELA.
Come certo sapete, ci sono fate grandissime, eteree, dalle vesti vaporose e dai contorni indefiniti: come rosee nuvole di cotone sospinte dalla brezza profumata sui prati verdi in fiore nell’alba di primavera.
Oppure quelle dalle dimensioni più ridotte, che cambiano continuamente forma e colore: come nuvolette colpite di traverso dagli ultimi raggi del dorato sole autunnale quando arriva il primo vento dell’est e le sparpaglia su tutto il cielo violetto della sera.
E ci sono quelle piccole: gemme di luce, briciole di stelle, scintille di universo: multicolori, brillanti, velocissime nei loro spostamenti come dardi scagliati dagli elfi contro l’azzurro cielo di una calda giornata estiva e dall’irrefrenabile dirompente vivacità. E Semedimela è proprio una di queste. Schizza continuamente da una parte all’altra del suo mondo portando scompiglio ovunque passi.
Appare all’improvviso davanti a qualcuno facendogli fare un salto dallo spavento, per poi catapultarsi addosso a qualcun altro fermandosi giusto qualche istante per ridere a crepapelle sulle spalle dei malcapitati.
Cose da niente, gli scherzi delle fate!
Quando poi le viene voglia di giocare nel mondo degli umani (e succede sempre più di frequente)… oh! lei si diverte moltissimo! Un po’ meno i padroni dei cani a cui lei sprizza giusto davanti al naso, facendoli abbaiare all’impazzata.
E ancora meno i conduttori dei carri trainati dai cavalli, o i padroni dei muli, quando quella birichina passa zigzagando fra le zampe degli animali facendoli imbizzarrire.
Il suo divertimento preferito però, è scoppiettare con mille scintille vicino ai piedi delle donne, quasi sotto il bordo della gonna, facendole saltare qua e là lanciando urletti isterici.
Semedimela è diventata in breve la fatina più temuta in tutte le dimensioni da tutti gli esseri di qualsiasi tipo di ogni tempo.
Eppure è così piccina!
E quando se ne torna tutta trionfante nella sua dimora, felice per le birichinate commesse, a niente servono i rimproveri e i consigli dei custodi della magia:
– Attenta, Semedimela, finirai male! Non disturbare gli animali, e lascia in pace la gente, specie le donne umane, che sono molto permalose.
– Sono solo delle vecchie cornacchie! – risponde la piccola ridendo in cuor suo, dato che annovera anche quei poveri uccelli fra le sue vittime.
Già! Se non altro nessuno la può incolpare di fare discriminazioni.
E sono proprio le femmine degli umani, delle vecchie dalla pelle cinerea rugosa screpolata raggrinzita come foglia secca e senza più un briciolo di allegria nei loro cuori rattrappiti che, a furia di brontolare e chiacchierare tra loro, decidono di mandare una propria rappresentanza presso tutte le altre femmine delle altre specie, e sobillandole le convincono a recarsi dal consiglio dei sovrintendenti del mondo magico per reclamare contro la fatina.
E questa resterà forse l’unica volta in tutte le storie, in cui rappresentanti di così svariate specie sono tutte d’accordo.
E purtroppo, sono tutte favorevoli perché venga data un’esemplare punizione a colei che, con la sua gaiezza, disturbava atrocemente la loro ammuffita arida irreversibile vecchiaia.
Comincia per prima una delle fate di media grandezza dall’ampio abito di colore indefinibile che varia continuamente a seconda di come si guarda:
– E` troppo monella! Straccia le vesti passandoci vicino a tutta velocità!
– Ci spaventa con le sue scoppiettanti apparizioni improvvise, – continua una fata piccola, dimenticando volontariamente quando anch’essa era giovane e piena di vitalità.
– Disturba il nostro riposo, – bisbiglia con voce mielata portata dal vento una delle grandi eteree fate, e continua a brontolare finché l’aria attorno sembra satura di brontolii come se ci fosse un temporale lontano.
E via via prendono parola le donne dei villaggi, le nere cornacchie, le cagne dal pelo rado, le cavalle e le mule appesantite dagli anni e dal lavoro, e tutte le altre che lì si sono ritrovate, tutte unite, tutte contro Semedimela.
A dire il vero, qualcuno del comitato direttivo cerca di difenderla:
– E` così giovane! crescendo imparerà certo a comportarsi meglio come si conviene.
– E` assolutamente impossibile! – gridano e gracchiano e nitriscono le vecchie.
La piccola fata però, costretta ad assistere in silenzio, in questo momento non ce la fa più, e con un secco assordante schiocco, sprigionando mille e mille scintille che ricadono sulle astanti che ora strillano a più non posso, scoppia a urlare trillando con la sua voce argentina:
– Becere! siete tutte solo delle vecchie becere!
A questo punto nessuno può più prendere le sue difese. Questa volta non ha attenuanti per il suo maleducato comportamento nei confronti dei giudici e delle ospiti.
– Semedimela non deve farsi vedere mai più! – E’ la sentenza finale.
Ma nel silenzio ora ottenuto si ode un suo trillo leggero, per niente indice di dolore o di pentimento.
Eh, lo so! Semedimela, la fatina, non ci sarà più, ma non addoloratevi! forse un giorno saprà farsi perdonare e potrà tornare dal mondo di chi non esiste.
Mi hanno raccontato che durante le sue scorribande ha insegnato molti dei suoi scherzetti ai piccoli folletti, e quelli faranno senz’altro tesoro delle sue parole.
E intanto riparate gli occhi da quei luccichii abbaglianti sulle creste delle acque degli impetuosi torrenti o sulle pozze dove il sole va a specchiarsi, perché quella birba ha trovato il modo di lasciare alcune delle parti infinitesimali in cui si è dissolta in questo mondo.
La potete vedere mentre scivola su e giù per il cielo formando un grande arco iridescente, o mentre se ne sta a luccicare nel vellutato nero del cielo delle limpide notti estive, questa volta ferma, per confondersi meglio fra le stelle.
Ma se fate attenzione la scoprite facilmente: è quella più piccola, ma più brillante, che ammicca continuamente.
E vi consiglio anche di starvene lontano dai falò accesi in mezzo ai campi o in riva al mare: quell’infuocate faville che schizzano attorno brucciacchiando il pelo ai cani che si avvicinano troppo e fanno lanciare urletti acuti alle donne…
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