COMPAGNI DI SCUOLA 1995-04-19
Sono davvero poco fisionomista, una persona la riconosco solo dopo esserci sbattuta letteralmente addosso almeno una mezza decina di volte, e forse non basta neanche questo; anche i nomi mi sfuggono dalla mente con altrettanta velocità.
Al contrario, il perché proprio non lo so, ricordo benissimo le voci. A volte sogno persone lontanissime nel mio tempo, le figure sono sfocate, i visi inesistenti, le voci però le sento così vere che sento in me una sensazione indescrivibile.
Così, quando quel giorno rispondendo al telefono ho sentito dire:
– Sono Marcello, ti ricordi di me? – non è servito altro, la mente è balzata indietro di più di vent’anni. – Marcello Doro! – ha continuato subito specificando meglio la “voce” – siamo stati in classe assieme, ricordi?
Il mio attimo di esitazione non è stato per non averlo riconosciuto, ma perché in quel momento io ero ritornata a Venezia – Istituto d’Arte – classe II C – sezioni di arredamento e di architettura unite assieme.
– Ma certo che ricordo! sono passati solo 23 anni! – ho risposto io con una risata sgorgata dal cuore.
Ride anche lui. – Sei sempre la solita! Non sei cambiata affatto! – E continua – L’altro giorno ho incontrato per la strada Andrea, e ricordando i “vecchi bei tempi” della scuola abbiamo pensato di ritrovarci per una cena; – e specifica – solo “noi” di architettura, niente mogli e figli; ma tu ovviamente sei “un caso particolare” dato che sì, sei la moglie di Tullio, ma se ben ricordi per un anno siamo stati in classe assieme.
In quella scuola avevano infatti la pessima abitudine di formare le classi all’inizio dell’anno scolastico unendo varie sezioni a seconda del numero degli studenti che le formavano; succedeva così che ogni anno si cambiavano compagni e professori. Io ero “dell’arredamento”.
– Tante grazie per la concessione! – Rido ancora, mi immagino già una trentina di quarantenni, in abito elegante da professionista serio al posto dei jeans e maglioni, i capelli tagliati corti ben pettinati e magari un po’ grigi a sostituzione delle zazzere incolte da sessantottini arrabbiati. Una cosa però restava invariata: 30 persone, 27 maschi e 3 femmine (ammesso che le mie compagne accettassero l’invito). – Ho parlato proprio poco tempo fa con Tullio in occasione di una cena di ex compagni d’ufficio, il discorso è finito sui vecchi “carissimi unitissimi” amici più rivisti finita la scuola, era decisamente contrario all’idea di un raduno, specie dopo così tanti anni, ha detto che probabilmente sarebbe una cosa patetica. Comunque chiedo: – Puoi richiamare domani?
Dopo i reciproci saluti riaggancio. Resto però ferma vicino al telefono: ma come? anche se noi non ci siamo frequentati gran che, Marcello era uno degli amici di Tullio, come si fa a risentirlo dopo più di vent’anni e non chiedergli niente di niente come se ci fossimo lasciati massimo il mese scorso? Sì, sono sempre la solita! o chiacchiero per ore o sono telegrafica.
Ora mi rendo conto che avrei voluto fargli una sfilza di domande. “Mi prendo un foglietto, ci scrivo: quando richiama Marcello non riagganciare subito; ci metto pure tre punti esclamativi belli grandi; lo metto vicino al telefono e vediamo se funziona.” E mentre metto in pratica ciò che mi sono detta mi accorgo dallo sguardo interlocutore di mia figlia che ho “pensato” a voce alta.
Come prevedevo a Tullio l’idea non piace troppo.
– Comunque, se proprio tu volessi… – dice guardandomi con quell’aria che vuole intendere: “Come al solito faccio quello che vuoi tu!” Non è assolutamente vero, però lui ci crede fermamente.
A dire il vero sono molto incerta anch’io. Alla fine però decidiamo di andare.
P.S. Quando Marcello ha richiamato il foglietto non è servito: in quel momento sono prevalsi i miei modi sbrigativi che, come ho scoperto con piacere durante la fatidica cena, mi hanno contraddistinto e (aggiungerei senza falsa modestia) fatto apprezzare.
– Bene, – gli ho detto – veniamo. Sappimi dire dove e quando; non sarà senz’altro una serata priva di argomenti su cui parlare: ognuno di noi avrà più di vent’anni da raccontare!
Parte seconda – Il sabato pomeriggio
Ed eccoci dunque! abbiamo deciso di andare, dobbiamo trovarci al ristorante fra le sette e mezza e le otto.
Con un notevole anticipo comincio in tutta calma a prepararmi. Non mi sono mai fatta problemi per il vestire e non me li faccio certo in questa occasione. Stiro la mia camicetta bianca preferita e una gonna qualsiasi con un maglioncino in tinta andrà benone. Presto fatto, passiamo al trucco. Ferma tutto!!!
– Mamma che fai! – mia figlia mi aggredisce e io sbigottita resto col pennellone per la cipria fermo per aria. – Non penserai mica di truccarti come al solito!?!
– No? Cosa c’è nel “solito” che oggi non va?
– Ma mamma tu fra vestirti, truccarti e pettinarti, quidici minuti al massimo e sei già fuori della porta. Oggi devi metterci decisamente un bel po’ di cura o cosa penseranno i tuoi amici?
– Che ho vent’anni di più! – Ma la mia risposta non è per niente soddisfacente. Ciò che io chiamo semplicità per mia figlia, che ogni giorno scambia il suo viso per una tela su cui dipingere un bel quadro provando un’intera linea di cosmetici e colori, è un qualcosa che rasenta, ma proprio di un filino così, la sciattoneria.
– Mamma lascia che oggi ti prepari io! – E pensando all’ora abbondante che lei impiega nell’adoperare pettini e cremine, ringrazio il cielo per aver cominciato così in anticipo e per una volta la lascio fare e docilmente, anche se riluttante, la seguo in camera sua.
Che idea balorda! Non riesco a stare ferma, mi tiro istintivamente indietro ogni volta lei mi si avvicina; sbatto gli occhi, storco la bocca, mi viene da ridere. E’ fatta! Il riso è contagioso!
– Ma è mai possibile che una “signora della tua età” faccia tutte queste smorfie per un po’ di trucco? – E sotto lo sguardo po’ scostante di sua sorella che ci critica dall’alto del suo “Non mi piace truccarmi troppo – non lo farò mai – né mai mi lascerò convincere” Claudia continua imperterrita nel suo lavoro di restauro.
Tinta – fondo tinta – sopra tinta, pennelli – pennelloni – pennellini, matita per riga sugli occhi, sopra le ciglia – sotto le ciglia – righe dritte…righe storte… righe oblique… Nooo basta!!!
La mia pazienza è terminata proprio tutta e con un colpo di spazzola ho risolto il problema capello sotto lo sguardo allibito e costernato di entrambe.
Basta così i capelli non voglio stare a posto oggi come vent’anni fa e se fossi proprio tutta a modino non mi riconoscerei io per prima. Sono così! prendere o lasciare!
Anche loro ovvimente con un “Sei sempre la solita!” desistono dall’operazione restauro, e finalmente usciamo. A momenti in ritardo!
P.S. Cena e icontro sono andati benone!!!
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