DIN DON DAN 1995-05-05
Siamo agli inizi di marzo. Malgrado ieri abbia piovuto e per domani le previsioni meteorologiche siano pessime, oggi è una splendida giornata.
Rimango per un po’ appoggiata al davanzale della finestra spalancata a bearmi di questo spicciolo di anticipo della nuova stagione nella gioia dei sensi.
Il sole “profuma” di primavera e il suo contatto sulla pelle è un dolce bacio della natura; la sua luce e la voce degli uccellini riempiono la stanza. Ho voglia di mangiare caramelle al gusto di fragoline di bosco!
In queste occasioni viene in me stimolato un ulteriore senso: quello del benessere!
Una nota di allegria e insieme di pace mi vien donato soprattutto dal suono lontano delle campane che in questa giornata domenicale suonano ripetutamente. Mi viene in mente una canzoncina…
Povero fra Martino! da quanti anni suona le sue campane?
Ho sentito la sua filastrocca cantata in lingue diverse e sia il cinema sia la televisione l’hanno usata nelle più svariate situazioni. Una volta l’hanno piazzata in un telefilm di fantascienza come testimonianza di musica popolare di un lontanissimo passato. E poco tempo fa l’ho sentita cantare da bimbi con i capelli biondi e gli occhi a mandorla in un cartone animato giapponese; le parole erano in italiano, l’originale era in inglese e sotto c’erano le didascalie con ideogrammi cinesi. C’era, però, qualcosa di diverso: i nostri rintocchi din don dan erano diventati den dan don; forse le loro campane hanno un suono diverso o al traduttore piaceva di più.
L’ho sentita strimpellare con ogni strumento e purtroppo, essendo una melodia molto semplice, da musicanti alle primissime armi. Povero fra Martino e povere orecchie degli ascoltatori.
Mi ci sto cimentando anch’io. Con la professionalità datami da una decina di lezioni di flauto, da grande “solista” (mi esercito infatti quando in casa non c’è nessuno) accompagno il fraticello amico di tutti i novelli musici fino al suo campanile e metaforicamente mi aggrappo assieme a lui alle corde delle sue campane e spando nell’aere i suoi e i miei rintocchi.
Per fortuna la mia cassa toracica contiene una quantità davvero limitata di aria, perché devo confessare che dal mio strumento non risuonano davvero note argentine. Però non lo dico in giro, è un segreto fra me, fra Martino e qualche altro milione di principianti
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