Ma dove sono?

Ma dove sono?

MA DOVE SONO?   1993-03-20

 – Bisogna usare il martello; …ora la pinza; …passami la lima piccola.
No, non sono in una falegnameria, ma in uno studio dentistico, anche se qualche affinità c’è: io mi sento come un ciocco di legno, stesa irrigidita su quella lunga sedia (che in teoria dovrebbe essere comodissima) in balia di un artigiano dalla spiccata tendenza al sadismo. E tutto il coraggio e la determinazione alla calma se ne va dalla bocca spalancata.
Il dentista parla con la sua assistente:
– Facciamo un’incisione, poi metteremo un perno d’oro e…
Ora sono passata nel laboratorio di un orafo!
– …Con il trapano…e poi cementi un po’ perché duri fino…
Muratura?
– Signora, avrà un sorriso veramente brillante e splendente.
No! la pubblicità ai detersivi “extrabrillantanti” non la faccio!
VOGLIO SCAPPAREEEE!!!
– Si rilassi, signora.
Ma come faccio se mi sento come uno stoccafisso?
Il martellare del cuore dà il ritmo di sottofondo alla ronzante odiosa melodia del trapano in funzione. Siamo tornati alle opere murarie o in una sala d’incisione? Il giochino di parole mi piace e se potessi quasi sorriderei; ma è un quasi molto piccolo e comunque a bocca spalancata qualsiasi espressione deve essere assolutamente soppressa.
La sedia si piega, si stende, si alza, gira… se non fosse per tutti quegli strumenti di tortura lì attorno sarebbe piacevole starci. Mentre aspetto che l’iniezione di anestesia mi rendi insensibile la parte dov’è il dente dolorante, penso che sarebbe bello che addormentasse un po’ anche il cervello così il mio sistema nervoso la smetterà di fare il contorsionista e contemporaneamente di ballare come se fosse stato punto da una tarantola.
Ecco, comincia a fare effetto e forse ora riesco a mettere in pratica qualcosa imparato du­rante il corso di ‘training autogeno’. Rilasso un muscolo, un altro, le spalle, il collo… se le unghie non continuassero a restare caparbiamente conficcate nel palmo delle mani magari farei un pisolino…
SBANG. Mi hanno schiaffato un riflettore dritto in faccia e ora aspetto la fatidica frase:
– Parli! Confessi tutto!
Ma è la voce della gentile e competente assistente, quella che mi perviene come da recondite lontananze.
– Come va, signora? Ora cominciamo, ma vedrà che non sentirà nessun male.
Non ci credo, ma le sue parole mi confortano, così spalanco la bocca e docilmente mi sotto­pongo come una piccola bambina spaventata alle loro abili manipolazioni. Pardon, cure.

Competenze

Postato il

marzo 23, 2016

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