La bicicletta – Lamento di una bicicletta

La bicicletta – Lamento di una bicicletta

LA BICICLETTA   11- 5 – 1997

Forse perché in questo periodo ho cento interessi e almeno mille cose da fare, o semplicemente perché una volta ancora mi si è svuotato il cervello… fatto sta che non so più su cosa scrivere!
“Pensachetiripensa” mi sono trovata ancora una volta a dissertare sulle piccole cose quotidiane. Per variare giusto un po’ mi intratterrò su un piacere settimanale: i miei domenicali giri in bicicletta.
Forse sarebbe più giusto definirli “passeggiate” (dato che procedo praticamente quanto una persona che inceda di buon passo) o sfacchinate, angosce, traumi… dato che per me sono tutto questo. Per spiegarmi devo fare dietro front e pedalare un bel po’ a ritroso nel tempo.
Il fatto è che, quando ero bambina, a Venezia, gli unici sport che conoscevo era rincorrersi fra le calli, all’uscita da scuola mettere molte cartelle in fila e saltarle, prendere la rincorsa e salire i ponti due gradini alla volta e poi catapultarsi nella discesa (tenere gli occhi aperti o chiusi in quest’ultima parte non faceva nessuna differenza). Arrivata alle scuole medie mi sono ritrovata a far parte di una fatiscente squadra partecipante ai “Giochi della gioventù”; ovvio che partecipai alle gare di corsa veloce e salto in lungo! Di motori e macchine, anche se a “energia umana”, ne conoscevo appena l’esistenza.
Anche una volta trasferitami a Mestre, le biciclette sono state per me nient’altro che un optional di cui non sentivo minimamente la necessità. Poi sono nate le mie bambine! Appena il triciclo di Mara è diventato obsoleto e le abbiamo preso la prima bici, da brava mammina perennemente angosciata e angosciante mi sono detta: “E adesso?”. Chiaro che già me la vedevo andare in giro per l’Italia nella sua biciclettina! Ed ecco quindi la mia subitanea decisione di imparare a mia volta (magari per andarle dietro con la borraccia dell’acqua).
E in effetti mi comperai una bella bicicletta e imparai ad andarci. Cioè, dopo alcuni infruttuosi tentativi riuscii anch’io a stare in equilibrio sul quel terribile oggetto traballante e semovente e muovere goffamente le gambe per farlo andare anche in avanti; mio marito, per l’occasione mio maestro, evitava accuratamente di guardarmi mentre partivo e quando procedevo davanti a lui per non scoppiare a ridere e farmi così innervosire ulteriormente.
Le ragazze crebbero e per alcuni anni la bici mi servì per accompagnarle in palestra (andata e ritorno una ventina di minuti circa); crebbero ancora, crebbero ancora, e obsoleta diventò la mamma, così la mia bici finì dimenticata in garage; quando durante il restauro della casa mio marito la fece finire sotto i calcinacci mi dispiacque solo per non averla regalata a qualcuno.
L’anno scorso, per il nostro 25° anniversario di matrimonio, le ragazze ce ne regalarono due belle nuove fiammanti con l’obbligo materiale e morale di usarle quanto più spesso possibile. Era nostra intenzione accontentarle, ma le cose sono andate un po’ diversamente; quest’anno però, pieni di buona volontà (cioè, con volontà del 90% mio marito e il 10 mio) abbiamo ripreso le nostre “pedalate domenicali”.
Ma, ahimè, per motivi vari, lui ha cominciato molto prima di me, dunque ora, oltre ad essere come sempre più forte e in forma, è pure più allenato; ora corre, sprinta, mi segue sfottendomi o mi precede zigzagando con una antipaticissima abilità e ostentazione. Quello che per lui è un “piccolo giro intorno” per me è una catastrofica sfacchinata, le sue “stradine interne” per me sono tutte piste dove tutti corrono come su un autodromo; prendo in pieno tutte le buche, i sassi, le cunette; per non parlare di quanto odio i cavalcavia, le moto chiassose, le macchine, gli autobus che mi sorpassano facendo andare il mio povero cuore in tutti i posti del corpo contemporaneamente.
Anche oggi dunque, essendo una splendida domenica, Tullio è riuscito a trascinarmi fuori. A dire il vero questa volta non è andata tanto male, il sole era tiepido al punto giusto, c’era una bella arietta primaverile, le strade prescelte erano davvero poco frequentate e passavano tra file di profumati alberi e campi; Tullio è riuscito perfino a procedere ad una andatura per me decente.
Dopo un bel po’ però, le mie gambe hanno cominciato a lagnarsi e prima che decidessero di entrare definitivamente in sciopero siamo rientrati. Una volta a casa mi sono accorta che non erano solo le gambe a star male e per riposare ogni mia parte mi sono seduta sul divano (molto morbido) a scrivere. Ho ricattato mio marito: se la prossima domenica vuole uscire, la cena deve preparala lui!
Beh, tirando le somme è stata proprio una cosa piacevole, l’importante in fondo è saper godere appieno delle piccole cose, quotidiane o settimanali che siano.

LAMENTO DI UNA BICICLETTA

Poco più di un anno fa due brave ragazze per il 25° anniversario di matrimonio dei genitori, pensarono di fare loro un regalo un po’ fuori dall’usuale, qualcosa che servisse sia al fisico che alla psiche, così comperarono me, che, senza falsa modestia, posso definirmi una bella bicicletta tutta colorata e radiosa, e il mio compagno, una bici da uomo, solida, sportiva, ma nel contempo di classe.
Ci recapitarono direttamente nella loro casa… e compresi subito in che mani ero finita!
Che delusione! Sin dalle prime uscite capii che lei, la mia padrona, era testardamente rimasta legata alla sua Venezia tanto che, dopo più di vent’anni di vita in terraferma, di macchine e segnali stradali non ne capiva assolutamente niente.
Pur felicissima per il regalo delle figlie, cominciò subito a bistrattarmi; anche se non sono la sua prima bicicletta (la precedente finì fra i calcinacci di un restauro di una decina di anni fa) fin dal primo tentativo di montarmi in sella si dimostrò subito un’ ineguagliabile incompetente.
Comunque, fra diversi rifiuti di uscire motivati di volta in volta a malanni vari sparsi per il corpo e qualche breve giro nei dintorni della loro casa, passò l’estate; con l’arrivo della brutta stagione lei, molto freddolosa, trovò la scusa buona per non usarmi più e mi rinchiuse in un magazzino pieno di scatoloni polverosi e mobili vecchi.
Ma con il ritorno del sole caldo è ritornata ai nostri padroni la voglia di fare qualche giro in bici, dapprima ogni domenica pomeriggio, e ora che il signore è in ferie, usciamo tutti i giorni. Per me è ricominciato il tormento, anche a distanza di mesi tutto sembra essere rimasto come i primi giorni: un’acrobazia salirmi su… un’impresa epica andare avanti; un’odissea fare qualche chilometro… un eroismo non strillare a ogni macchina che la sorpassa!
Quando il marito la prende in giro per questa sua rigidità e paura risponde: “Se fosse una barchetta me la caverei senz’altro meglio!” A crederle!!! ma dato che sono anche molto buona le lascio quantomeno il beneficio del dubbio. E intanto andiamo per quelle strade fuori città che sembrano esser state tracciate da un ingegnere ubriaco e strettamente imparentato con una biscia; strade con poco traffico, sì, ma proprio per questo motivo senza manutenzione; e lei, come se non bastasse, ha una speciale quanto incomprensibile simpatia per buche, sassi, e cunette varie, non ne schiva una! facendomi sobbalzare e traballare senza pietà. Bisogna sentire com’è ridotto alla fine il mio povero sellino, tutto dolorante e ammaccato da quelle sue ossa spigolose.
“Senti come cigola questa bicicletta!” dice. Cigolare io? No, signori miei, come al solito lei di me non ha capito niente… il mio è un continuo, accorato e ahimè ora quotidiano lamento.

Competenze

Postato il

marzo 31, 2016

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